Per gentile concessione di Francesca Viviani e Romana Caloi, autrici del libro “Verona sul pentagramma” edito da QuiEdit, Verona 2014.
La musica nella Verona Italiana
Arriva il fatidico 16 ottobre 1866. Nonostante gli esiti sfavorevoli della terza guerra di Indipendenza, grazie all'alleanza militare italo-prussiana firmata pochi mesi prima e alla mediazione di Napoleone III, il Veneto viene ceduto dalla Francia al Regno d'Italia. Il proclama del Consiglio comunale pubblicato quel giorno cita: “ L’atto di cessione è firmato / le ree catene caddero infrante. Lo straniero è partito / Partito per sempre. L’esercito Italiano, chiamato dal municipio, sta per entrare fra noi”.
Le truppe italiane entrarono da Porta Vescovo e sfilarono per Via XX Settembre tra due ali di folla. Inizia così la storia della Verona italiana accompagnata dal tricolore ma anche da quelle musiche che attraverso il melodramma avevano portato un messaggio di libertà e di riscatto.
La tradizione di fare del teatro il luogo delle manifestazioni per celebrare particolari avvenimenti storici continua. Poche settimane dopo, infatti, il 18 novembre in un Teatro Filarmonico sfavillante di luci viene dato un concerto vocale-strumentale in onore del re Vittorio Emanuele II che era giunto a Verona con i figli Umberto e Amedeo. Al Ristori in quegli stessi giorni si poté liberamente recitare un dramma dal titolo emblematico “Le ultime vittime degli Austriaci in Verona”. L’anno successivo il 7 marzo si diede una serata di beneficenza composta da uno spettacolo teatrale (Rigoletto) e da un veglione mascherato in onore di Giuseppe Garibaldi che come presidente della lega Italo-Ellenica era giunto in città per raccogliere fondi per i feriti di Candia. Garibaldi fu accolto con grande entusiasmo dai veronesi.
Le stagioni d’opera proseguirono con continuità nei tre teatri cittadini per tutto l’Ottocento e dopo l’unità d’Italia è sempre e ancora Verdi a dominare gran parte della scena veronese con molti titoli in cartellone vecchi e nuovi. Scemato l’impulso patriottico e svaniti gli entusiasmi degli italiani dopo la delusione del ’48, Verdi sensibile com’era agli umori del pubblico, si era allontanato dai temi politici, per interessarsi alla psicologia degli affetti privati. Così erano nate le struggenti opere romantiche della trilogia popolare “Rigoletto” (1851), “Trovatore”(1853) e “Traviata” (1853) dove viene raccontata con accenti diversi la tipica vicenda morale da cui scaturiscono le maggiori ispirazioni verdiane: l’eroe, snaturato da enormi e smisurate passioni, riacquista attraverso l’amore e il dolore la sua umanità. Saranno queste le opere più amate nella seconda metà del secolo e altre se ne aggiungeranno. Nel 1867 è la volta di un “Ballo in Maschera” che inaugurerà la stagione di carnevale al Filarmonico.
Con quest’opera Verdi si avvicinò al gusto tipicamente francese della “Grand Opera” caratterizzata da balletti e scene di massa dimostrando ancora una volta la sua grande capacità di adattarsi ai diversi generi del melodramma. Il 1876 è ancora un anno importante per Verona e per il teatro Filarmonico. Debutta un’opera nuova (anche se ha già cinque anni) che segna una svolta nella produzione del maestro: “Aida” destinata a diventare in assoluto la più popolare presso i veronesi. (Verona e Aida sono oggi un binomio indissolubile). Protagonisti della prima veronese furono il soprano Teodosia Federici, il tenore Ippolito D’Avanzo, il baritono Giuseppe Villani, il mezzosoprano Rosina Parsi, i bassi Bettarini e Leoni. L’attesa in città per lo spettacolo fu grandissima al punto che otto giorni prima della “prima” erano già stati venduti tutti i biglietti. E fu ancora una volta un trionfo verdiano. Il successo, grazie anche al tema esotico non proprio usuale, all’irrobustimento della strumentazione, alla grandiosità delle scenografie, crebbe di giorno in giorno, di sera in sera e tutti e tre i teatri della città negli anni successivi la allestirono.
Nel 1878 il teatro Filarmonico chiuse per due settimane per la morte del re Vittorio Emanuele e riaprì il 19 gennaio successivo addobbato a lutto. In una sala silenziosa e commossa venne eseguito il Preludio Elegiaco scritto per l’occasione dal veronese Alessandro Sala. Nello stesso anno sarà proposto il “Mefistofele” di Arrigo Boito che giungeva a Verona dopo il clamoroso fiasco di Milano e la resurrezione di Bologna.
Boito faceva parte di quei musicisti d’avanguardia che avevano cominciato a guardare alle fonti del romanticismo musicale tedesco staccandosi dalla tradizione italiana. Fu un trionfo che spinse l’autore a dichiarare: “Questo è il teatro artisticamente più bello che io abbia mai veduto”. Non era vero se pensiamo alla grandiosità del teatro milanese, ma lo fu certamente per lui perché il suo lavoro aveva ottenuto il successo
sperato.
Nell’ultimo quarto di secolo, per il melodramma italiano arrivano le prime avvisaglie del mutare dei tempi. Lo straordinario progresso conseguito dalla musica strumentale in Germania tra il Sette e l’Ottocento cominciava a penetrare anche al di qua delle Alpi. E’ l’inizio di un declino o meglio della perdita della supremazia assoluta dell’opera lirica italiana rispetto alla musica sinfonica dopo quasi due secoli di ininterrotta ascesa. Dobbiamo agli esiti di questo cambiamento l’affacciarsi alla ribalta della scena europea di un musicista destinato a un grande avvenire: Richard Wagner (1813- 1883).