Il progetto della nuova sede centrale della Cassa di Risparmio di Verona a cui partecipò l’architetto futurista Antonio Sant’Elia.
Dopo un avvio bruciante il rapporto di Verona con il futurismo non fu dei più felici. L’avvio fu bruciante nel senso che “l’Arena”, quotidiano di provincia, bruciò sul tempo il prestigioso “Le Figaro” pubblicando il manifesto di fondazione del movimento con qualche giorno di anticipo. A dire il vero non fu proprio il quotidiano veronese il primo a pubblicare il manifesto, fu preceduto in questa gara dal bolognese “Gazzetta dell’Emilia, dal “Pungolo” di Napoli e dalla “Gazzetta di Mantova”. Resta comunque il fatto che il 9 febbraio del 1909 sulla prima pagina de “L’Arena” compariva, sulla colonna di destra, il manifesto che sarebbe apparso su “Le Figaro” solo il 20 febbraio con ben maggiore successo se si tiene conto che è questa la data che ormai è acquisita come data di nascita.
Marinetti, da uomo di teatro, evidentemente cercò di tastare il polso nei teatri di provincia prima di andare in scena sul grande palcoscenico parigino e forse fu solo per questo che Verona si trovò coinvolta fin dall’inizio con il futurismo.
Dopo questo avvio un po’ occasionale il futurismo restò cosa estranea alla città fino alla vigilia della Grande Guerra quando due eventi , uno tragico ed uno abortito sul nascere collegarono nuovamente Verona a personaggi del movimento.
Nell’ambito di quello che comunemente viene chiamato “primo futurismo “ Verona è ricordata principalmente per la tragica fine di Umberto Boccioni in località Sorte, episodio di grande risonanza ed importanza nella storia del movimento.
L’altra occasione per cui gli storici del futurismo citano Verona è il progetto, non realizzato, della nuova sede centrale della Cassa di Risparmio curato, assieme ad altri, da Antonio Sant’Elia, personalità visionaria e tragica di quel movimento che ancora oggi, chi si interessa di queste cose, lo considera punta di diamante dell’architettura futurista.
Visionario perché nei suoi disegni ci fa vedere costruzioni che si lanciano verso l’alto e forse di impossibile realizzazione per quelle che erano le tecniche dell’epoca. Figura tragica perché morì colpito da una pallottola in fronte in una trincea del Friuli, ancora giovane e spavaldo come lo si vede nelle poche fotografie che lo ritraggono.
Il “secondo futurismo”, quello tra le due guerre, vide il formarsi in molte città di gruppi futuristi ed anche Verona ebbe, a partire dagli anni ’30, un suo gruppo intitolato a Boccioni..
Il primo futurismo , quello “eroico”, e Verona si può dire che si incrociarono ma senza mai manifestare interesse e tanto meno provare a volersi bene.
In occasione della rappresentazione, al Teatro Ristori, di alcune brevi sintesi teatrali ideate da Marinetti, Settimelli e Corra, il pubblico non dimostrò grande apprezzamento, anzi, tutto finì con lanci di ortaggi. Anche “L’Arena” non fu da meno nel riferire, in cronaca, l’avvenimento il 15 febbraio del 1915. Dopo un avvio “comprensivo” nei confronti di questi scalmanati capitati in città l’articolista si lasciò andare e continuò: “Il pubblico borghese non può accettare un simile giuoco per parecchie ragioni: per ignoranza, per spirito tradizionalistico, ma soprattutto perché non sente ciò che sul palcoscenico si va fulmineamente svolgendo”. Aggiunse poi “Il teatro è nato, è vissuto, ha trionfato, vivrà per il popolo, per l’anima collettiva del popolo; ha vinto quando ha saputo riprodurlo con genialità e profondità. Ora i futuristi ci presentano delle esercitazioni dinamiche che rispondono a concezioni astratte, cerebrali” e concluse augurandosi che . “…tale spettacolo cessi dal chiamarsi teatro, si porti nei music-hall o nei circhi, viva anche altrove, fra le marionette ad esempio…”.