Maria di Nazaret
11 Marzo 2021
Burattini e Marionette
10 Maggio 2021

Uadi Hammamat

Viaggio in Egitto: verso il Uadi Hammamat, parte prima

È l’alba di una splendida giornata di metà novembre inoltrato e già si annuncia il caldo della giornata! Con un thè di Iansun (anice) ed un primo sigaro gustati sopra una terrazza delle case che compongono il villaggio di New Gurna, nella Westbank, quindi la sponda ovest del fiume Nilo di fronte alla città di Luxor, la giornata sembra promettere bene in termini di temperatura e per il programma stabilito. Non sempre le temperature sono così calde e favorevoli nella zona di Luxor in questa stagione. Dalla terrazza si gode una vista che va dal tempio di Luxor circondato dal tessuto cittadino ad est, fino alle montagne della West Valley, che ospita una delle zone archeologiche più affascinanti e ricche di tutto il mondo. Cosparso di templi funerari (fra essa, i prestigiosi templi di Medinet Habu, il Ramesseum ed il tempio della regina Hatshepsut) nonché di tombe, come quelli della Valle delle Regine, della Valle dei Re, il villaggio degli artigiani di Deir el Medina e le tombe nella Valle dei Nobili; tutto lo scenario è di buon auspicio per il programma della giornata; quello di conoscere finalmente un altro luogo tanto desiderato ed altrettanto interessante: il Uadi Hammamat con i petroglifi di epoca preistorica e le sue innumerevoli iscrizioni di epoca faraonica, greca, romana, bizantina medievale ed anche moderne incise nella pietra
Nel cortile di sotto, un dromedario emette i suoi tipici versi, in realtà dei rutti, che si accordano con l’orario, un asino se ne sta in disparte indifferente alla cosa e un bell’esemplare di upupa (Upupa epops) mi svolazza attorno, posandosi fiduciosamente molto vicino al mio posacenere. Con il suo tipico e bel piumaggio color crema-nero e dalla consueta cresta e petto di colore giallo-arancio: nulla sembra essere cambiato dai secoli trascorsi, un tramutarsi semplice, inostacolato e nobile dei tempi che furono. Viene quindi spontaneo fare riferimento alle decorazioni con le vicine pitture tombali di raffigurazioni di uccelli nella Valle dei Nobili e nel caso specifico con questa specie ornitologica, rappresentata in una pittura murale egizia presso Beni Hassan (tomba di Khnumhotep della XII dinastia). Il solo pensiero di poter fare un paragone così appropriato proprio in un momento così inaspettato, nell’imminenza dell’attesa partenza per il Uadi Hammamat, non può che riempire di gioia l’anima. Questo però non deve impedirci di avere la consapevolezza di quanto sia fragile il mondo che divide ciò che viene dato per scontato da ciò che rappresenta un puro caso, in un paese come l’Egitto, dove maestosità artistica e generosità della natura viaggiano di pari passo si intrecciano e si contrappongono a sofferenza e fatica umana.
L’incontro con l’upupa coincideva altresì con l’orario di partenza stabilito verso uno dei luoghi più interessanti ed incantati della paese: il già menzionato Uadi Hammamat, antico territorio di miniere, cave di pietra, nonché luogo storico di transito situato all’interno del collegamento che unisce la valle del Nilo ad ovest fino al mar rosso ad est. Dopo gli ultimi accertamenti e controlli delle proviste d’acqua e del carburante per il fuoristrada, era giunta finalmente l’ora di partire. L’autista, esperto dei luoghi era tutto concentrato sulla guida e capivo che era felice che io, parlando, non lo distraessi, sapevamo entrambi che recarsi in un deserto richiedeva un certo rispetto. C’era una reciproca intesa, probabile amicizia a venire, che poi venne, elementi essenziali per viaggiare insieme, consapevoli, entrambi, che io ero un suo cliente, ma chi comandava, in quel momento, era lui.
Il mio silenzio era dettato non solo dal desiderio di non distrarre il guidatore ma anche dal fatto, notato in passato, di trovarmi in un paese dove il silenzio non nuoce, il parlare troppo viene associato ad insicurezza e il solo fischiettare poteva addirittura essere considerato espressione diabolica. Il silenzio si dimostrava quindi essere l’atteggiamento giusto, non volevo guastare la giornata e volevo trarne il meglio dalla mia spedizione. Osservare ciò che ci circondava mentre ogni tanto seguivo il nostro tragitto sulla mappa per memorizzare i luoghi ed i paesaggi che mi circondavano, occupava tutta la mia attenzione.
Durante i miei viaggi in Egitto avevo imparato che era sempre stato importante avere quattro cose in caso di necessità nel caso di un viaggio che implicava l’inoltrarsi nel deserto, queste erano: 1) acqua, 2) punti di riferimento (da dove sono venuto e dove mi trovo ed a quale ora del giorno, 3) soldi 4) il proprio passaporto. Cose inutili? : 1) il telefono cellulare, che di solito nel deserto non prende, 2) cercare di spiegare a persone sconosciute lungo il tragitto, che sei finito li, nel nulla, innocentemente, che volevi solamente visitare un sito e che non pensavi comportasse certi rischi; non spengono nemmeno il motore: hanno fretta. Prima di addentrarmi nel deserto vedevo scorrere attorno campi coltivati di banano, frumento, canna da zucchero, verdure di ogni genere, piccoli borghi caoticamente attraversati da automobili, da contadini a dorso di cammello, da asini che trainano rimorchi di legno a due ruote con carichi esagerati ,da bambini con i libri di scuola in mano ed ogni altro genere di movimento umano ed animale tipico della zona. Ancora una volta, dopo tanti viaggi nel paese nilotico, non ho potuto non notare un comportamento per noi anomalo quando qualcuno si accinge ad attraversare una strada; comportamento quanto meno azzardato.
Per noi europei l’attraversamento di una strada rappresenta talvolta una piccola avventura che ci spinge a guardarci attorno e a farlo rapidamente. Qui tutto cambia : le persone guardano per terra e con grande calma attraversano, quasi indifferenti al traffico, spesso caotico che li circonda. Il comportamento diventa inspiegabile quando si tratta di attraversare una strada senza traffico: sembrano quasi irrigidirsi sull’attenti e guardarsi attorno sospettosi prima di avventurarsi. Ma forse è inutile chiedersene la ragione, qui le cose stanno così da sempre ed in mezzo ad un traffico frenetico ed inarrestabile, l’ inshallah - se dio vuole - è forse la soluzione più filosofica ma anche la più sicura.
Di tanto in tanto seguivo il nostro tragitto sulla mappa per memorizzare i luoghi ed i paesaggi che mi circondavano, ero ansioso di ciò che mi avrebbe serbato ed insegnato la giornata. Attraversato oramai da tempo, il Nilo sul ponte di Luxor - oggi una delle maggiori città del paese con oltre mezzo milione di abitanti - l’antica Ipet Resyt, Tebe (Uaset) e Karnak (Ipet Isut) seguiamo il corso del Nilo in direzione Nord fino a raggiungere Qift, l’antica Coptos, una delle poche città d’Egitto la cui etimologia corrisponde all’espressione moderna. Oggi Qift è una prosperosa cittadina grazie alla sua posizione vicino al collegamento dalla Valle del Nilo attraverso il deserto dell’est fino a raggiungere El Quseir sul Mar Rosso, più a nord vi è il collegamento dalla città di Qena sul Nilo con Safaga sul Mar Rosso.
Infatti da qui, Qift, l’autista ed io prendiamo verso est, lasciandoci alle spalle la maestosa Valle del Nilo. Tutta asfaltata, questa strada è percorsa dal traffico locale di camion che trasportano prevalentemente gasolio, generi alimentari e cammelli. Percorrendola, mi rendo conto, il passaggio dalla valle del Nilo al deserto è immediata, improvvisa, difficile per noi europei mentre per il mio autista e per chi vive in questi luoghi è una cosa naturale. Dopo l’ambiente confusionario, caotico di Luxor in un attimo ci si trova immersi in uno scenario in cui si percepisce immediatamente l’assenza di vita.
Stiamo per entrare nell’Audi Hammamat.

Franklin Baumgarten