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Arte e Società
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Sulle tracce di Gesù

di Franco Casati - da www.ildialogo.org

I musulmani osservano il precetto di recarsi, almeno una volta nella vita, alla Mecca, luogo santo dell’Islam; così ho sempre pensato che anche un cristiano debba recarsi, almeno una volta, a Gerusalemme. Nella mia tarda età sono finalmente riuscito a soddisfare questo desiderio, unendomi a un gruppo parrocchiale, guidato da un anziano sacerdote, in visita alla Terra Santa. Per tutta la vita ho letto i Vangeli, immaginando i luoghi geografici di questa narrazione. Di recente, mosso dalla curiosità, ho sfruttato anche la tecnologia, spiando dall’alto questi luoghi attraverso la visione satellitare di Google earth. Ma non mi è stato sufficiente. Il devoto sacerdote che ci accompagnava ci confidò che visitare la Terra Santa è come leggere un quinto Vangelo.
Finalmente eccomi sbarcato all’aeroporto di Tel Aviv, vista dall’alto, una grande e moderna città che si stende lungo il mare; si prosegue poi in pullman , attraverso la ‘via maris’, fino alla città portuale di Haifa (dove secondo la tradizione biblica fu rapito in cielo il profeta Elia) e da lì ci inoltriamo nella Galilea, per arrivare a Nazareth; il centro storico, col mercato arabo, ci riporta finalmente a una dimensione storica, confermata dalla visita alla Grotta dell’Annunciazione, che rivela come Nazareth, ai tempi di Maria, fosse un piccolissimo centro abitato sulle pendici di una collina. In un luogo tanto povero e sperduto è cresciuto Gesù, dopo che un angelo aveva rassicurato sua madre dicendole di ‘non temere’. La domanda che volevo soddisfare compiendo questo viaggio era di capire, appunto, qual è il segreto di questa terra, perché in questo stretto lembo di territorio lungo il Mediterraneo orientale si sia concentrata tanta forza spirituale da originare l’Ebraismo, il Cristianesimo e l’Islamismo, le tre grandi religioni monoteistiche. Il primo impatto, soprattutto nell’approccio verso Gerusalemme, è stato traumatico, data l’urbanizzazione devastante che ti viene incontro, di colline nascoste da file di edifici bianchi e modulari, sempre identici, che hanno stravolto il paesaggio. La stessa Gerusalemme storica, compresa fra le antiche mura, è circondata da ogni lato da moderni quartieri periferici che si perdono a vista d’occhio. Ma poi, finalmente, quando entri nel cerchio delle antiche mura, magari dalla più bella Porta Damasco, ti ritrovi immediatamente nel vecchio quartiere arabo, dove il tempo sembra essersi fermato, fra negozi che espongono le loro colorite mercanzie, le presenze di religiosi di ogni fede e confessione, di donne rigorosamente velate, di tanti turisti e pellegrini diretti ai luoghi santi. A richiamare alla realtà dell’oggi è, purtroppo, la costante presenza di picchetti di soldati israeliani armati di tutto punto. In ogni caso, mi sono ritrovato a percorrere la Via Dolorosa, che conduce al Calvario, portando a tratti anche la croce presa in prestito dal nostro gruppo di pellegrini. Alle varie stazioni ho modo di riflettere sui temi della meditazione che vengono proposti ( ‘O vos omnes qui transitis per viam, attendite et videte, si est dolor similis, sicut dolor meus’), mi sento prendere da una forte commozione che giunge al suo acme quando arrivo a toccare la roccia del Calvario, all’interno della grande basilica del Santo Sepolcro.
Al di là della visita al centro storico di Gerusalemme ( di intenso raccoglimento spirituale è il luogo del trapasso di Maria, secondo la tradizione, con l’esposizione di una stupenda statua della ‘dormitio virginis’), con la visita al Muro del Pianto e alla Spianata delle Moschee, l’appuntamento più importante è quello al Monte degli Ulivi, dove Cristo ha accettato di andare incontro al proprio destino di morte e resurrezione, immedesimandosi nella preghiera fino a sudare gocce di sangue, proiettandosi in quel Dio che egli, per primo, ha avuto l’ispirazione di chiamare ‘Abbà’ (Padre). Con timore e tremore mi sono inginocchiato sulle stesse pietre, prostrandomi in raccolta preghiera, nel desiderio velleitario di uniformare il mio pensiero a quello del Cristo. Ho provato il senso di una presenza dolce e profonda, che ancora mi accompagna. Da questo luogo si gode il panorama delle mura di Gerusalemme, si vede la porta dalla quale il Messia entrò accolto da un popolo festante, si rivive la profezia apocalittica che Egli vi scagliò contro. Al posto dell’antico Tempio oramai da secoli riluce sotto il sole la cupola dorata della Moschea, divenuta simbolo dell’antica città. ‘Gerusalemme…città di pietre bianche’, travagliato crocevia delle fedi, punto d’incontro fra un sofferto passato e un incerto futuro. Per visitare la grotta della Natività di Betlemme, uscendo da Gerusalemme, dobbiamo attraversare un check point israeliano, di controllo militare, davanti a un muro alto 12 metri che separa la cittadina dalla capitale, impedendo ai Palestinesi di recarvisi liberamente. Proviamo un senso di timore e una voglia di protesta. Prima della visita a Gerusalemme eravamo andati incontro alla raccolta solitudine del Monte Tabor (della Trasfigurazione), innalzando il nostro pensiero verso la missione divina del Cristo; per poi approdare verso la quieta dolcezza del lago di Tiberiade, immaginando l’incontro fra il Maestro e i primi Apostoli; e visitare le suggestive rovine di Cafarnao, ancora testimoni di un’intensa attività di vita. Per salire poi al Monte delle Beatitudini, custodito dalle Suore Francescane, dove il Maestro pronunciò il celeberrimo Discorso della Montagna, e rovesciò tutti i valori comunemente condivisi, dove offrì una prospettiva di riscatto a tutti i perseguitati della terra (‘perché di voi è il Regno dei Cieli’), dove insegnò ad amare perfino i nemici. E dove sarà il Regno dei Cieli? Risponde Gesù: ‘ è dentro di voi’. A Magdala, il paese della Maddalena, abbiamo visitato i resti di un tempio ebraico risalente al I sec. D. C., sicuramente frequentato da Gesù, e quelli dell’antica cittadina.
Ma è stata la visione del deserto di Giuda, con la solitudine delle sue rocce assolate, sotto un chiaro cielo incombente, a farci riflettere sulla forza del Cristo, per i quaranta giorni ivi trascorsi di digiuno e di preghiera, acquistandosi l’autorità di poter affermare che non di solo pane vive l’uomo. Oggi giorno non lo possono più pensare quelle masse di persone che coltivano il passatempo di spostarsi da un centro commerciale a un altro, vittime di bisogni indotti. Dopo aver visitato anche alcune mete turistiche come il Mar Morto, la fortezza di Masada, le grotte di Qumran, non ci resta che la via del ritorno. Facciamo un’ultima sosta lungo le rive del Giordano dove alcuni giovani coperti da bianchi lenzuoli ricevono il Battesimo per immersione, rievocando quello di Cristo per opera di Giovanni Battista, e la visione della Colomba che si posò sul suo capo.
Sono trascorsi duemila anni dalla vicenda terrena del Cristo, siamo ancora in attesa che si compia la promessa del suo ritorno, la seconda venuta. Per Iddio duemila anni possono essere come un battito di ciglia, ma per l’uomo rappresentano un’eternità. Anche gli Ebrei attendono ancora il loro Messia. Una cosa è certa: Cristo ci fa sentire figli dello stesso Dio, resta un mistero l’elezione di questa terra e l’identificazione di Gesù col Padre, così come la Sua costante presenza nel nostro cuore.

Franco Casati