Tra i tanti personaggi eclettici del Risorgimento italiano ci sono i pittori cavalieri. Dai primi decenni dell’ottocento fino alla fine del secolo si incontrano artisti che hanno militato in Cavalleria, per poco o per molto, con gradi e compiti diversi, ma accomunati dall’appartenenza a quella che si definisce non un’arma ma uno stile di vita. E chi meglio di un artista può raffigurare uno stile di vita?
Un rampollo della “nobiltà di spada” piemontese, Pietro Galateri di Genola, inizia la sua carriera in Cavalleria nel 1827 nel reggimento Piemonte Reale. Dopo aver partecipato alla prima guerra di indipendenza, viene comandato presso il Ministero della Guerra e lì dipinge un album di uniformi dell’Armata Sarda dedicato a S.M. il Re Carlo Alberto. Sono dipinti nitidi e accurati che riscuotono l’approvazione del Re, cui sono presentati nel 1840, prima della pubblicazione dell’album avvenuta nel 1844. Così si esprime il Ministro Emanuele Pès marchese di Villamarina in una lettera inviata al padre dell’autore, Gabriele Galateri di Genola: “… Ebbe il figlio dell’E.V. l’alto onore di personalmente presentare tal suo lavoro alla M.S. in ora appositamente a ciò segnata, non che la dolce consolazione di vedere il proprio Sovrano scorrere con piacere e segni di soddisfazione li vari fogli dal primo all’ultimo, osservandone li quadri, leggendone li scritti e trattenervisi per un certo tempo, dicendo all’Autore dell’Album graziosissime cose”. A queste lusinghiere espressioni così risponde il padre: “Eccellenza, per quanto ami meglio che li miei figli si distinguano col brando in campo che non altrimenti, non posso che vedere con molto piacere come abbia mio figlio Pietro saputo profittare delle ore che il suo dovere e la presente pace lasciali a disposizione per riempire degnamente un album che io pure ho trovato assai pregievole …”.
I genitori, si sa, non sono mai abbastanza contenti di quello che fanno i figli! Eppure le tavole di Pietro Galateri affascinano gli appassionati di uniformologia e non solo; basta guardare il tamburino cui il cane regge la bacchetta in equilibrio soprail naso.
Rimanendo tra le antiche famiglie piemontesi troviamo Tomaso Morelli di Popolo. Il suo estro artistico si esprime con continuità fino da quando, giovane luogotenente, partecipa con il reggimento Genova Cavalleria alla prima guerra di indipendenza nel 1848. In quei mesi disegna le scene dei momenti salienti della campagna annotando scrupolosamente località e date. La successiva guerra in Crimea, cui partecipa come maggiore addetto al colonnello Carlo Maria Bracorens di Savoiroux comandante del reggimento di Cavalleria provvisorio, gli offre spunti quanto mai interessanti per schizzi, disegni, acquerelli. Vi si nota grande interesse per i diversi soggetti ispirati dall’ambiente che quella campagna gli consente di osservare.
È il caso, ad esempio, della troika condotta da una dama con impensato vigore, della “baracca” in cui l’Ufficiale alloggiava disegnata nei più minuti particolari, dello Zuavo francese, dell’Highlander scozzese cui l’autore riesce a dare straordinaria forza espressiva. Sono tutte opere pressoché sconosciute, custodite dalla famiglia. Tommaso Morelli di Popolo cadrà da eroe alla battaglia di Montebello il 20 maggio 1859 alla testa del Reggimento Cavalleggeri di Monferrato, di cui aveva da poco assunto il comando con il grado di Tenente Colonnello. Alla sua memoria viene conferita la medaglia d’argento al valor militare. Un altro pittore cavaliere, Sebastiano De Albertis, si incaricherà di immortalare l’episodio.
Il reggimento Genova Cavalleria annovera in quegli anni un altro ufficiale, Stanislao Grimaldi del Poggetto, pittore, scultore, scrittore e viaggiatore. Entrato nel reggimento come sottotenente nel 1845, nel 1848 prende parte alla prima guerra d'indipendenza. Dopo l'armistizio fa ritorno a Torino e, all'inizio del 1849, chiede le dimissioni dall'esercito per dedicarsi alla pittura mostrando da subito un'inclinazione a riprodurre cavalli e soggetti militari. Ottiene quindi da Alfonso Ferrero La Marmora, allora ministro della Guerra, l'incarico di illustrare un Album sulle campagne d'indipendenza condotte dall'esercito piemontese negli anni 1848-49. Successivamente Vittorio Emanuele II gli conferisce il grado di capitano e lo fa suo disegnatore particolare di cavalli, incarico che mantiene anche sotto Umberto I. Tra i suoi lavori, oltre agli album sulle campagne del 1848-49 e del 1866, si contano alcune piccole statue in bronzo e la statua equestre del generale La Marmora, oggi in piazza Bodoni a Torino. Tra il 1891 e il 1893 sono pubblicati a Torino, in un'edizione privata di sole cento copie, i quattro volumi dei Ricordi di un Ufficiale dell'antico Esercito Sardo, in cui tra l’altro Grimaldi descrive un suo lungo viaggio in Medio Oriente, in Persia, nel Caucaso e infine in Russia. Muore a Torino il 17 maggio 1903.
Le tavole dei suoi album, dedicate a quasi tutte le armi e specialità dell’Armata Sarda, hanno grande fama e diffusione. La sua esperienza di guerra in una unità di Cavalleria gli consente di dipingere con realismo e accuratezza conferendo a ogni immagine grande pathos. D’altronde, basta leggere la sua descrizione del posto raccolta feriti allestito dall’Armata Sarda al Fenilon, alle porte di Verona, durante la battaglia di Santa Lucia del 6 maggio 1848: “La battaglia durava da più ore aspra e disputata, il sole era cocente, la sete si faceva sentire, e tutte le borraccie erano vuote. Il Capitano mi diede la sua, e mi disse di andare in cerca di qualche liquido nei cascinali vicini; andai tosto, e mi diressi verso un grosso fabbricato rurale detto il Fenilone, e lasciato il cavallo in guardia al trombetta (trombettiere, ndr), entrai nel cortile per empire le borraccie. Ero capitato male, il cortile era zeppo di morti, di morenti e di ferite sdraiati sulla paglia sotto le tettoie, ove i chirurghi militari li medicavano in mezzo al sangue ed ai lamenti”.
Il racconto continua con descrizioni ancor più crude, eppure l’artista riesce a sublimare queste sue esperienze; lo dimostra anche una delle sue tavole più belle, quella che ritrae il luogotenente Rodolfo Gattinara di Zubiena nel suo ultimo epico gesto su un ponticello fuori Governolo mentre insegue gli austriaci.
Nelle guerre di indipendenza, oltre alla Cavalleria dell’Armata Sarda, c’era anche la Cavalleria garibaldina; ranghi molto più ridotti, ma non meno efficienti. Tra gli ufficiali troviamo Sebastiano De Albertis.
Fu certamente pittore, prima che cavaliere, ma i trascorsi in armi non sono secondari nella sua vita; infatti gran parte della sua opera è dedicata a personaggi ed episodi delle guerre risorgimentali. Nato a Milano nel 1828, allievo dell’Accademia di Brera, interrompe l’attività appena iniziata quando scoppia la rivolta delle Cinque giornate e decide di partire volontario per la campagna del 1848. Al suo rientro torna a dedicarsi alla pittura ma interrompe nuovamente l’attività nel 1859 quando si arruola nei Cacciatori a cavallo, Guide di Garibaldi. Il capitano Simonetta, comandante dello squadrone, lo nomina a capo di una quadriglia, quattro cavalli, metà di una squadra. Nel corso della campagna il pittore fattosi cavaliere subisce un inizio di congelamento ai piedi e deve essere ricoverato in ospedale a Firenze, ma ciò non gli impedisce di partire l’anno successivo per l’impresa dei Mille. Sarà ancora con Garibaldi nella terza guerra di indipendenza e molte sue opere si ispireranno a episodi di quella campagna.
La sua produzione è ricchissima; un quadro di grandi dimensioni raffigura la carica dei Cavalleggeri di Monferrato alla battaglia di Montebello dove trova la morte di Tommaso Morelli di Popolo, comandante del reggimento (vds sopra).
Molto più conosciuta è la carica di Carabinieri a Pastrengo, mentre può essere considerato un piccolo gioiello di straordinaria forza espressiva il Quadrato di Villafranca, che sembra “una prefigurazione del dinamismo plastico di Boccioni” (Soldati e pittori nel Risorgimento italiano, a cura di Maurizio Corgnati, Fabbri editori).
Con il quadro Feriti a Bezzecca, custodito presso il Museo storico dell’Arma di Cavalleria, De Albertis rivolge la sua attenzione anche verso gli aspetti più dolorosi della guerra.
Dedicati alla terza guerra di indipendenza, in particolare alla infausta battaglia del 24 giugno 1966, sono tre quadri di Giuseppe Gabani che a Custoza ha il grado di caporale furiere del 5° squadrone nel reggimento Genova Cavalleria.
Poi lascerà le armi per dedicarsi completamente all’arte e ad altri soggetti, ma quei tre quadri restano un ricordo molto particolare. Il più conosciuto è quello custodito presso il Museo storico dell’Arma di Cavalleria a Pinerolo intitolato “Carica di Genova Cavalleria a Custoza”; la carica è comandata dal colonnello conte Vittorio Barattieri di San Pietro che ha lo sguardo rivolto alla sua sinistra, verso il cavaliere d’ala dipinto con le sembianze dello stesso Gabani.
Un altro quadro, conservato presso il Quirinale, è intitolato “Il luogotenente Pesenti respinge una batteria nemica”. Particolare curioso del quadro è la tromba a terra sopra la firma dell’autore.
Il luogotenente Pesenti sarà decorato di medaglia d’argento al valor militare e nel grado di colonnello comanderà Savoia Cavalleria a Verona nel 1892, quando il reggimento celebra con solennità all’Arena il 200° anniversario della sua costituzione. Il suo compagno d’armi nella battaglia di Custoza, Leopoldo Pullé, colonnello onorario di Genova Cavalleria, farà riprodurre il quadro di Gabani in una cartolina reggimentale per rendere omaggio all’amico. Il terzo quadro, custodito presso la Galleria comunale d’Arte moderna di Roma, è intitolato “Ricordo del 24 giugno 1866” e raffigura, oltre ai protagonisti della carica, altri personaggi nel contesto più ampio della battaglia. Gabani, con queste opere dedicate ai momenti eroici del suo reggimento, sembra quasi voler riscattare le ombre della giornata funesta di Custoza.
Il passaggio dal Risorgimento alla belle époque è ben rappresentato da un altro pittore cavaliere, Clemente Origo. Anch’egli milita nel reggimento Genova Cavalleria fino al grado di tenente colonnello per poi dedicarsi esclusivamente alla pittura e alla scultura.
Immerso nel mondo della cultura, frequenta Gabriele d’Annunzio, Ugo Oietti e altri letterati. Della sua opera di pittore sono rimaste famose molte cartoline reggimentali, illustrate con un tocco inconfondibile, alcune riprodotte anche nelle copertine della Rivista di Cavalleria. Una di queste è tratta da un quadro custodito presso il Museo storico dell’arma di Cavalleria.
Ma l’opera per cui è più ricordato è il grande quadro intitolato Il secondo squadrone di Genova Cavalleria alla Bicocca. Rappresenta un episodio della battaglia di Novara del 1849, ricostruito sulla base della testimonianza oculare del colonnello Luigi Lanzavecchia di Buri, all’epoca tenente nel reggimento. Il quadro, di notevole forza espressiva, è tuttora custodito presso il Circolo ufficiali del reggimento Genova Cavalleria a Palmanova, nella storica palazzina “Alessandria”, così chiamata dal reggimento Cavalleggeri di Alessandria che lì aveva sede alla vigilia della seconda guerra mondiale.
Infine, tra le sculture di Clemente Origo merita di essere citato, per la pregevole fattura che denota profonda conoscenza del cavallo, il piccolo bronzo Il buttero o Campagna romana custodito al Vittoriale di Gardone, nelle sale di d’Annunzio segreto.
Franco Apicella