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Calendario 2018

Paolo Perbellini, artista veronese, ha pubblicato per le edizioni ADFGRAF S.r.L. il volume “Proverbi del Lunario”.
Si tratta di un volume di 280 pagine riccamente illustrato con disegni autografi dell’autore. Da questo libro è stato tratto un calendario anch’esso riccamente illustrato.
Per chi fosse interessato al libro ed anche al calendario i riferimenti sono:
ADFGRAF S.r.L. – www.adigraf.com - produzione@adfgraf.com - tel 045.6767818
Paolo Perbellini – paoloperb@gmail.com


CALENDARIO 2018
Un pomeriggio d’autunno me ne stavo in soffitta a rovistare tra le vecchie cianfrusaglie accatastate in quel luogo chissà da quanti anni quando misi gli occhi su una vecchia cassa di legno ammuffita e coperta di ragnatele nascosta in un angolo buio. Preso dalla curiosità la trascinai in un punto più luminoso e tentai di aprirla. Il coperchio era saldamente agganciato con una vecchia serratura arrugginita che, seppur malandata, reggeva bene ai miei maldestri sforzi di scassinatore dilettante. Non mi persi d’animo e con una crescente curiosità corsi a cercare qualche arnese adatto allo scasso e riprovai a forzare la serratura. Questa volta ebbi la meglio; dopo alcuni tentativi la serratura cedette e come per incanto il coperchio si aprì. All’interno trovai una quantità inimmaginabile di cianfrusaglie, scatole di latta, vecchi pennelli e tubetti di colore ormai rinsecchito, conchiglie, fischietti, una vecchia armonica a bocca, una marionetta di legno senza braccia ed altre cose curiose.
Svuotai tutto e sul fondo della cassa, quasi timidamente nascosta, in un angolino notai la forma di un vecchio libro polveroso. Lo raccolsi, si riusciva a malapena a decifrare i caratteri che componevano il titolo, “I PROVERBI DEL LUNARIO”. Così era scritto sulla copertina ingiallita e consunta. Si intravedeva anche una specie di decorazione formata da piccole miniature pallidamente colorate. Incuriosito e un po’ emozionato, dopo averlo ripulito dalla patina polverosa che lo avviluppava, inizia a sfogliarlo con delicatezza. Rimasi meravigliato nel vedere che tutte quelle vecchie pagine erano adorne di illustrazioni colorate vivacemente. Sui margini di ogni foglio si potevano osservare decorazioni che formavano una cornice più o meno elaborata e sotto ogni disegno si poteva leggere un testo scritto a mano composto da poche righe in caratteri gotici. Sembrava di sfogliare un libro manoscritto miniato del ‘400.
I testi erano in dialetto veronese e riportavano tutta una serie di vecchi proverbi usati fino a poco tempo fa nel parlare comune dei miei nonni e dei miei genitori. Erano proverbi e detti popolari usati per rimarcare alcune situazioni del vivere quotidiano, quando si argomentava sulle condizioni meteorologiche , sui vizi e sui caratteri umani, sugli imprevisti che la vita contadina spesso riservava ai nostri antenati. Erano per lo più consigli sul modo di vivere, spiegavano come affrontare situazioni e problemi, perle di saggezza per cercare di alleviare la sofferenza e i disagi che la vita di un tempo ci elargiva. I giorni seguenti mi studiai con calma pagina dopo pagina, osservavo i disegni e cercavo di interpretarli e di capire quale proverbio volessero illustrare. Qualcuno si era divertito nel raccogliere tutte queste frasi e nello studiare il modo per illustrarle e decorare i vari fogli con delle tavole a colori. Era come sfogliare un vecchio almanacco. Vi erano 224 pagine tutte illustrate. Era diviso in 12 mesi rappresentati da due tavole ciascuno che riportavano i proverbi legati a quel periodo. Gennaio con i suoi Santi e i suoi detti, poi Febbraio, quindi Marzo e via via fino a Dicembre. Ogni tavola dei mesi era seguita a sua volta da varie vignette che descrivevano uno più proverbi. Alla fine ne contai 433. Pensai che forse valeva la pena far risorgere dall’oblio tutto questo materiale. Forse era giusto far ritornare in vita questi modi di dire e fare in modo che anche i ragazzi della nuove generazioni ormai digiuni del dialetto avessero la possibilità di conoscere questi detti dei nostri vecchi ….
Poi mi svegliai di colpo e capii che la storia non è andata proprio così. Questo libro, una raccolta illustrata di proverbi veneti e più precisamente della zona veronese, è nato da una serie di coincidenze che casualmente si sono incrociate alcuni anni fa. Mi trovavo a Vienna e con la famiglia stavo visitando il Kunst Historischen Museum dove erano esposte alcune opere di uno dei pittori che amo di più. Si trattava di dipinti di Bruegel il Vecchio. Mia figlia rimase molto impressionata dai dipinti di questo autore quando tornammo a Verona le regalai un catalogo delle sue opere. Tra le varie riproduzioni si soffermò su uno dei quadri più importanti e cioè sulla tavola dei “proverbi fiamminghi”. In questa opera Bruegel illustra circa 120 proverbi in uso a quei tempi nei Paesi Bassi. “Ma perché non fai anche tu un dipinto dove descrivi i nostri proverbi dialettali?”. Ci pensai su e le dissi che avrei cercato di realizzare un lavoro con queste caratteristiche. Tutto passò nel dimenticatoio e per un po’ di tempo non pensai più a questa faccenda. Un giorno visitando un’esposizione di libri miniati del ‘300 e osservando quelle illustrazioni dai colori vividi, così accattivanti per la loro semplicità e purezza, abbellite da cornici finemente decorate, mi tornò alla mente il progetto del quadro sui proverbi veronesi. L’idea di descrivere una serie così vasta di proverbi in una sola tavola mi sembrava irrealizzabile, ma forse si poteva ovviare a questa difficoltà creando più disegni, uno per ogni proverbio, illustrati “alla maniera dei vecchi libri miniati” e raccogliendo tutto in forma di libro. E così iniziai i miei lavori. Mi misi all’opera trascrivendo sulle pagine di un taccuino tutti i detti popolari che ricordavo e che a volte usavo, chiesi aiuto ai miei parenti e conoscenti più anziani e consultai testi che trattavano questo argomento. Nel giro di poco tempo avevo a disposizione quasi tutto il materiale che mi serviva e giorno dopo giorno ne aggiungevo sempre di nuovo quando mi veniva riferito da più fonti. Naturalmente non avrei potuto illustrare tutti questi detti ma avrei privilegiato quelli che più mi stimolavano e che più si adattavano ad essere interpretati con un disegno o una vignetta. Più che una descrizione si sarebbe trattato di una elaborazione soggettiva delle varie situazioni, inserendo nel disegno anche alcuni caratteri grotteschi e ironici. Il proverbio scelto quindi sarebbe stato interpretato “a modo mio”. Il fatto di privilegiare l’immagine piuttosto che il testo è una scelta dettata dalla mia personale propensione verso il disegno. Questa raccolta imperniata più sulla descrizione figurativa dei vari proverbi penso che colmi un vuoto che ho notato in questo genere di raccolte completando qualche cosa che a mio avviso mancava. L’immagine solitamente è più accattivante della parola più fruibile da parte di un interlocutore profano del settore che magari sarà più incuriosito a “gettare un occhio” anche alle didascalie oltre che alle immagini. I proverbi dialettali sono un patrimonio che dalla mia generazione in poi sta scomparendo. La mia è l’ultima generazione che li ha usati e seppur minimamente li usa ancora nel parlare comune. Purtroppo ci avviamo sempre più velocemente verso un’epoca dove la comunicazione interpersonale è più incentrata sugli scambi SMS e sull’acquisizione di un nuovo sistema di linguaggio infarcito di termini anglosassoni. La nostra lingua dialettale è divenuta materia di studio per pochi curiosi nei corsi serali. Spero che il mio modesto lavoro possa accendere un piccolo barlume di curiosità per arricchire il lettore in tema di storia e tradizione popolare della nostra terra e della nostra meravigliosa lingua.

Paolo Perbellini.