TEATRO DEI BURATTINI NELLE PIAZZE D’ITALIA
“La commedia burattinesca nasce in piazza e come la canzone popolare è per lo piu’ di autore anonimo ed ha in se stessa una irresistibile forza espansiva. Gli argomenti sono forniti dalle lepidezze della vita quotidiana, dalla cronaca giudiziaria dagli errori, dai pregiudizi correnti, da qualche avanzo di fiaba fantastica, raccolta nelle stalle dei contadini da quella indigesta congerie di nozioni confuse e monche che forma la dottrina degli ignoranti che la sanno lunga. I fantocci piazzaioli , toccano qualche volta l’ardua questione sociale del dare e dell’avere ed anticipano l’imperio di quella giustizia assoluta e livellatrice che i legislatori inseguono da che mondo è mondo e che non seppero raggiungere mai. Io li vidi una volta rappresentare una commedia così semplice e vera da stringere il cuore. Una povera donna non puo’ pagare la pigione, il padrone strepita e tempesta e minaccia il sequestro di quei pochi mobili; sopraggiunge un becero che gli insegna la carità a suon di legnate e cala il sipario. Ma bisognava sentire nel dialogo fra la donna e il padrone, tutta la parte di quella che verità di parola e d’accento!. I fantocci nessuno li vedeva piu’, pareva che la disputa seguisse lì, vicino a noi, allo svoltare della via, fra persone vive e reali; certo il burattinaio si è trovato a quelle strette, forse rifaceva le suppliche di ieri, o anticipava quelle che avrebbe tentato domani o la sera stessa rincasando. ( da Elogio delle marionette di Giuseppe Giacosa, )”
La realtà del quotidiano entra prepotentemente nella baracca del burattinaio, allo stesso modo con cui è capace di accogliere il suo opposto apparente: storie fantastiche e mirabolanti, favole, leggende e superstizioni. Capita che nel teatro dei burattini entri anche il teatro colto, e la gente piu’ ricca va a vedere quello. Un famoso burattinaio, come racconta Angelo Brofferio, mise in scena addirittura una tragedia letteraria come l’Aristodemo di Vincenzo Monti, cioè quanto di piu’ distante ci possa essere dalla piazza,
Il manufatto dei burattini è concepito in maniera diversa a seconda della piazza: i burattini bergamaschi hanno teste molto grandi e pesanti, mentre quelli romani e napoletani sono piu’ piccoli e giocati sulla rapidità dell’azione.
I burattini della tradizione emiliana con fisionomie fortemente caricaturali, hanno componenti impregnate di realismo, come suggerisce Cesare Zavattini in una intervista telefonica:” erano quasi dei personaggi del mio paese, io vedevo là le facce della mia gente” tutta l’Emilia è costellata di generazioni di burattinai.“ se incontri uomini e donne che si chiamano Archimede o Epaminonda Sofonisba o Cleopatra, giochi sul sicuro se dirai che sono romagnoli, ma se ne incontri altri che si chiamano Amleto, Otello, Desdemona ed Ofelia non sbagli: sono bolognesi”.
Bologna nella passione dei burattini batte il mondo intero. A vederli ci vanno non solo i bambini ma anche le persone serie istruite, e, ti avverto, se mi cerchi, quando sono a Bologna, sono in prima fila davanti al casotto di Fagiolino; per i dialoghi fra il Dott. Balanzone e Fagiolino, tra Florindo e Sganapino ti regalo tutto il Manzoni di Milano…………………………
Il burattino per eccellenza è Pinocchio, intramontabile burattino che diventa bambino, birbante, ribelle, ingenuo ma come tutti i bambini , bisognoso d’amore. La riduzione cinematografica del 1971 di Giuliano Cenci è la piu fedele al testo dell’autore, Carlo Lorenzin detto Collodi, che pubblicò il volume nel 1883.
In realtà Pinocchio sarebbe una marionetta, quelle che si animano tirando i fili. I burattini vengono animati da sotto. Ma Pinocchio fu soprattutto il bambino di legno dal naso lungo, nato dalle abili mani di un falegname che si ritrovò a fare il padre del bambino discolo in cui si era trasformato.
Nel romanzo Geppetto spiega che si chiama Pinocchio perché è un nome a lui conosciuto: «– Che nome gli metterò? – disse tra sé e sé. – Lo voglio chiamar Pinocchio. Questo nome gli porterà fortuna. Ho conosciuto una famiglia intera di Pinocchi: Pinocchio il padre, Pinocchia la madre e Pinocchi i ragazzi, e tutti se la passavano bene. Il più ricco di loro chiedeva l’elemosina. –»(Carlo Collodi, Le avventure di Pinocchio, cap. III.)
IL film che ne fu tratto è dedicato ai ragazzi di tutto il mondo, e a quegli adulti che dei ragazzi abbiano conservato la semplicità di cuore, il senso di giustizia e lo spirito di fraternità.»
Qualche anno fa il Comune di Verona offri agli artisti veronesi che volevano partecipare, la possibilità di dipingere la facciata di un teatrino, come quelli che si usavano nelle piazze per i burattini, ed anche una tela di fondo, dedicando il lavoro ad una favola a scelta. Luciano Tumiet scelse la favola di Pinocchio e preparò il teatrino decorandolo con i personaggi del racconto di Collodi. Il teatrino di Luciano Tumiet, assieme a molti altri, è ora in dotazione alla Biblioteca civica, reparto dei piu’ piccoli, per alternarsi nelle rappresentazioni delle favole a cui si è ispirato l’artista che ha dipinto il teatrino.