Il casato Nigra evoca la figura di Costantino, diplomatico del Regno di Sardegna e poi d’Italia, che ebbe un ruolo cruciale nelle trattative per l’alleanza dell’Italia con la Prussia a premessa della guerra contro l’Impero austriaco nel 1866. Costantino Nigra era ministro plenipotenziario a Parigi presso l’Imperatore dei Francesi e riferiva ad Alfonso La Marmora, allora a capo del governo italiano, i “buoni uffici” di cui Napoleone III si faceva carico a favore dell’Italia, non certo per generosità ma per timore dell’ascesa della Prussia a scapito dell’Impero austriaco.
È una questione complessa e intrigante, che esula tuttavia da queste note. Alla raffinata capacità diplomatica Costantino Nigra univa una vena poetica, che lo portò a comporre un’ode, intitolata La rassegna di Novara [i] ; vi si immagina Carlo Alberto passare in rassegna le unità dell’Armata Sarda che avevano combattuto la battaglia di Novara del 23 marzo 1849, triste conclusione della prima guerra di indipendenza. Una sorta di omaggio al Re che, abdicando, aveva ceduto il trono al futuro “Padre della Patria”. Questi illustri precedenti avranno di certo avuto una qualche influenza su un altro rappresentante della casata, Arturo, nipote di Giandomenico, fratello del padre di Costantino. Grazie ad alcuni documenti resi disponibili da un suo discendente e con un modesto lavoro di ricerca è stato possibile ricostruire alcuni momenti della sua vita.
Arturo abbraccia la carriera militare e nel luglio 1911 lo troviamo nel grado di maggiore; riceve infatti un biglietto dal generale Cesare Ponza di San Martino, comandante designato d’armata a Verona.
Verona 28 Luglio 1911
Caro Maggiore,
l’assegnazione dei giudici di campo alle grandi manovre venne fatta direttamente dal Corpo di Stato Maggiore.
Giornalmente però avvengono, per ragioni di varia natura, delle sostituzioni, per cui ho fatto conoscere a quel Comando il di Lei desiderio affinché se ne prenda nota e non credo improbabile che La si possa assecondare.
È sempre cosa che fa piacere il vedere nei giovani ufficiali superiori l’esplicazione di attività intellettuale e fisica ed interessamento a quanto può accrescere il loro valore ciò che ridonda indubbiamente a vantaggio del servizio, e quindi, sarò ben lieto se Le si potrà concedere quanto Ella chiede, la qual cosa mi procurerà anche il piacere di incontrarla in manovra.
Con saluti cordiali mi abbia per di Lei
Aff.mo
Cesare di San Martino
Il biglietto autografo porta sotto la firma l’annotazione a matita, certamente postuma, Coriolano Ponza di San Martino; questi, nel grado di tenente generale, fu con il re Umberto I a Verona nella sua visita nel 1897 e successivamente divenne ministro della guerra. È quindi probabile che non si tratti di lui, ma di Cesare Ponza di San Martino, senatore del Regno e proprio nel 1911 nominato comandante designato d’armata, come risulta dalla sua biografia pubblicata sul sito del Senato [ii]
Tornando al nostro Arturo Nigra, il biglietto suggerisce che egli abbia chiesto di potere essere impiegato come giudice di campo alle grandi manovre che si svolgevano in quell’anno nei dintorni di Verona. Trattandosi di un incarico qualificante, se ne deduce che l’ufficiale fosse desideroso di emergere, cosa che peraltro avvenne perché lo ritroviamo poi nella Grande Guerra in un’altra lettera che gli scrive nell’agosto del 1818 il generale Giacinto Ferrero, già comandante dell’ala destra della 2a armata durante la ritirata di Caporetto.
8 agosto 1918
Mio carissimo Nigra,
La ringrazio delle calde sue felicitazioni e dei suoi dipendenti, che ho gradito vivamente. Io debbo l’alta onorificenza al valore dei miei coadiutori e dei nostri soldati. Ma, per l’interesse del Paese nostro, giova contare ancora sul provato valor vostro. Son certo che quando occorre, potrò farvi intiero assegnamento.
Di Lei non dico: sento che ho in Lei un soldato e Capo animato da sacro fuoco; e ricambio con pari sentimento l’affetto Suo.
Aff.mo Gen. Giacinto Ferrero
Con ogni probabilità Arturo Nigra aveva il comando di una grande unità (brigata o divisione) alle dipendenze del generale Ferrero e si era congratulato con lui per la nomina a Grande Ufficiale dell’Ordine militare di Savoia avvenuta nel luglio 1918.
Al termine della Grande Guerra, nel 1919, Arturo Nigra comanda la 45a divisione posta agli ordini del generale Enrico Caviglia. Nel gennaio 1920, nel pieno dell’avventura dannunziana a Fiume, avviene un episodio increscioso. Ne riportiamo la descrizione dal libro di Antonio Spinosa D’Annunzio il poeta armato.
Con nell’animo questo sentimento di rivincita attuò (d’Annunzio, ndr) un audace colpo di mano ai danni d’uno dei generali agli ordini di Caviglia che era il nuovo comandante militare della Venezia Giulia. L’obiettivo fu il generale Arturo Nigra il quale non amava certamente d’Annunzio e i fiumani e non perdeva l’occasione per denigrarli. <>, così si esprimeva Nigra nei confronti dei legionari più vicini al poeta. Questi decise allora di far rapire il generale <> e di affidarne l’incarico proprio ad alcuni arditi appartenenti alla sua vilipesa guardia d’onore.
La guida dell’azione fu assunta da Host-Venturi. Gli arditi si appostarono nei boschi che fiancheggiavano la strada del monte Luban poiché avevano saputo che di lì sarebbe passato Nigra. La loro attesa, in una notte gelida, non fu breve, ma alla fine ecco apparire l’auto del generale. Gli arditi sbucarono intirizziti dal loro nascondiglio e furono addosso alla macchina che procedeva con lentezza sulla carreggiata ricoperta di ghiaccio. Armi alla mano intimarono l’alt all’autista, squarciarono con i pugnali le gomme, mentre Nigra protestava dichiarando la sua <> per il grande poeta-soldato. Si proclamava suo amico e <> simpatizzante della patriottica impresa dannunziana. Aveva infatti chiesto, diceva, il nastrino coi colori fiumani per ornarsene il petto. Naturalmente i sequestratori non diedero retta alle sue bugiarde parole e lo trascinarono a Fiume. Erano già alle porte della città quando si videro venire incontro l’auto del capitano Coleschi, il quale, fermando la colonna, si avvicinò a Nigra e gli comunicò da parte di d’Annunzio l’ordine di cattura: <>. Ancora una volta Nigra si disse amico del poeta e dei legionari. Tutto fu inutile.
Lo condussero a Palazzo dove fu trattato con riguardo in forza del suo grado, ma il Comandante non lo ricevette subito. Gli fecero fare un’anticamera di ventiquattro ore. Nel colloquio con d’Annunzio, il generale affermò che la sua cattura rischiava di far fallire la preparazione di una risposta comune fra esercito regolare e Comando fiumano a un probabile attacco jugoslavo. Il poeta tenne prigioniero per una quindicina di giorni il generale e poi lo rilasciò, sempre colmandolo di onori formali. Gli bastava aver beffato, attraverso Nigra, il nuovo comandante militare della Venezia Giulia. Ma Caviglia, seppe comportarsi con classe e sangue freddo. All’atto della cattura di Nigra, ritorse con eleganza e fermezza il <> motto del Comandante e, in un ordine del giorno alle truppe, scrisse che bisognava <>. <>
Questo “contrattempo” non ebbe evidentemente ripercussioni sulla carriera militare che Arturo Nigra concluse nel grado di generale di corpo d’armata. Ma il suo cursus honorum era destinato a continuare. C’è un biglietto scritto da un Senatore del Regno il 23 febbraio 1933 che lascerebbe intendere una delusione per Arturo Nigra, ma pochi giorni dopo arriva la nomina per un triennio a vice presidente della Reale Società Geografica Italiana. Al termine del mandato, nel 1936, la nomina viene confermata.
Roma 23 febbraio 1933
Caro Amico ti scrivo brevemente perché sono tuttora in convalescenza da un attacco di influenza che mi ha obbligato a letto per tre settimane, e che mi ha lasciato uno strascico di malessere assai poco gradevole.
Non mi ero scordato del giusto e spiegabile desiderio da te manifestatomi e ne avevo tenuto (?) parola al Ministero della Guerra, ove mi avevano detto che la pratica era di spettanza del Ministero dell’Interno. Viceversa poi, come rileverai dai qui uniti documenti, la cosa era di competenza della Presidenza del Consiglio.
Sono spiacentissimo di non avere potuto accontentarti. Se avessi saputo subito appunto che le proposte erano di competenza del R. Prefetto, avrei seguito quella via.
Ti stringo cordialmente la mano. Spero, fra una quindicina di giorni, di poter riprendere le mie correnti abitudini e di ritornare al Senato.
Aff. … (illeggibile)