Il principale promotore delle onoranze a Marinetti e del primo e unico Congresso Futurista che si tengono a Milano tra il 23 e 24 novembre del 1924, è un futurista di 25 anni, mantovano, o meglio della provincia mantovana: Mino Somenzi.
Nato a Marcaria nel 1899 fu prima precocissimo interventista e volontario nella 1° guerra mondiale e poi altrettanto precoce disertore per seguire D’Annunzio nell’impresa di Fiume.
I suoi più vicini collaboratori nella preparazione del Congresso sono i futuristi Fedele Azari, Franco Casavola e Armando Mazza.
L’attività di Somenzi è principalmente quella del giornalista a cui si affiancano esperienze di pittura e scultura, con impegno e risultati del tutto secondari.
Il più anziano dei tre è Armando Mazza che è già quarantenne. Nasce a Palermo nel 1884 e a sedici anni abbandona gli studi liceali e la Sicilia per soddisfare la sua ‘sete di nuovi orizzonti’ a Milano e Roma. E’ poeta, paroliberista, giornalista e direttore di quotidiani, tra cui anche ‘L’Arena’ di Verona, ma nell’ambito futurista è soprattutto ‘la voce’ per le sue declamazioni.
Franco Casavola è un compositore, musicista e critico d’arte di 33 anni, originario della Puglia che come Mazza lascia la sua terra d’origine per trasferirsi a Milano e Roma.
Molto più difficile è inquadrare il terzo dei collaboratori: Fedele Azari.
Piemontese, di Pallanza, e 29 anni si lascia già alle spalle una laurea in giurisprudenza, una professione da avvocato, una partecipazione come volontario aviatore nella 1° guerra mondiale, una esperienza imprenditoriale come fondatore della prima società italiana di aviazione civile ed esportazione di aerei italiani, una attività da pubblicitario e, nel tempo che può restare, essere collezionista di opere di pittori futuristi, essere agente per i più importanti di questi, essere editore, pittore e paroliberista. Forse tanta frenesia giustifica i suoi periodici ricoveri in cliniche psichiatriche, muore in un manicomio a 35 anni.
Dal mese di maggio, del 1924, il più giovane dei quattro si dedica a tempo pieno a coordinare il quartetto presso l’Hotel Commercio di Milano e a fare opera di propaganda verso i diversi gruppi e gruppuscoli futuristi sparsi disordinatamente per l’Italia. Somenzi è convinto che il futurismo stia attraversando una periodo di grave crisi. Come movimento artistico è presente e riconosciuto non solo in Italia da una quindicina d’anni ma resta ancora emarginato dalla Biennale di Venezia, Il regime politico che si sta imponendo, dopo aver cavalcato lo spirito rivoluzionario del primo futurismo, dà chiari segnali che quello spirito ora non è più compatibile con il ritorno all’ordine che si vuole instaurare.
Anche se la paternità dell’organizzazione di questo congresso resta ormai legata a Somenzi, è molto difficile pensare che l’idea non sia partita da Marinetti, o almeno che Marinetti non abbia avuto la volontà e la forza di ostacolarla.
Già l’idea di un ‘congresso’, luogo in cui di discute, si cerca un accordo possibilmente condiviso che possa appianare o attenuare le differenze è difficilmente compatibile con i principi che il futurismo aveva sempre sostenuto.
Il titolo che viene dato e propagandato, ‘Onoranze’, già di suo, di primo acchito, richiama più l’idea della commemorazione dell’'immobilità pensosa, l'estasi e il sonno’ che non ‘il movimento aggressivo, l'insonnia febbrile, il passo di corsa, il salto mortale, lo schiaffo ed il pugno’ del manifesto futurista.
La lettera di convocazione per i partecipanti al congresso non è da meno.
Viene da chiedersi dove sia finita la fantasia, la creatività, talvolta eccessiva, delle parole in libertà, nella lettera dattiloscritta che Prampolini invia ai possibili partecipanti. L’intestazione, poi, è un piccolo capolavoro di burocratica pignoleria in quel precisare che il congresso è un ‘Ente Italiano Artistico’ con sede in piazza Duomo quasi fosse veramente altra cosa rispetto al futurismo di Via Senato.
L’invito prosegue con uno stile da depliant pubblicitario con gli sconti sul biglietto per raggiungere Milano anticipando, qui sì il futuro, quello che un secolo dopo potrebbe fare l’IKEA. Il tutto si chiude con la preghiera ‘di gradire i nostri più cordiali saluti ed una stretta di mano” come avrebbe chiuso un qualsiasi travet di fine 800 per dare un po’ di brio ad una comunicazione d’ufficio.
Lasciando da parte, anche se non è propriamente cosa da poco, le contraddizioni di un ‘congresso futurista’ e le modalità di convocazione, è in ogni caso interessante cercare di ricostruire cosa effettivamente è successo in quel fine settimana milanese.
Sul movimento futurista, sui futuristi, si sono scritti montagne di libri, di articoli, ma di quello che dovrebbe essere un episodio importante come un congresso si trova pochissimo, quasi nulla. Il resoconto più completo lo si può trovare sul numero 11 dell’11 febbraio 1925 sulla rivista ‘Futurismo’ pubblicata a Roma. Un’altra fonte è il numero unico ‘Marinetti animatore di Italianità’ pubblicato a Milano in occasione dell’evento. Sono entrambe fonti di parte che si potrebbero quasi considerare come iniziative collegate al congresso.
La pubblicazione romana, su cui si tornerà, ha un taglio quasi da cronaca con qualche immagine, cronologia dell’avvenimento, e resoconto, per titoli, degli interventi e relazioni congressuali.
La pubblicazione milanese, redatta da Somenzi, ha un respiro più ampio e riporta anche commenti di personaggi illustri sull’iniziativa, recensioni sulle opere di Marinetti e di altri futuristi. Nell’ultima pagina Guglielmo Jannelli, partecipante e relatore al congresso, dà una sua spiegazione ai motivi per cui il congresso si è tenuto. Scrive Jannelli che tra gli obiettivi più importanti c’è quello ‘di far convergere nel puro campo creativo tutto quel risveglio di attività industriale che sente il bisogno di legarsi all’arte’ e prosegue’ In Italia prima del Futurismo non si pensava che Arti Decorative potessero prendere un enorme sviluppo e potessero meglio favorire il rapido diffondersi di moltissimi prodotti industriali. Oggi non si può più dire che i principali motivi d’arte decorativa corrente non siano futuristi. Oggi c’è futurismo nelle stoffe, nelle fodere, negli ombrellini, nelle cravate, negli arazzi, nei cuscini, nei giocattoli e negli abatjour; c’è futurismo nelle decorazioni di Sale e di Grandi Alberghi, nelle reclames di giornali…’.
Per la ricostruzione dello svolgimento del congresso è più utile fare riferimento al resoconto che viene fornito dalla rivista romana ‘Futurismo’.
Il ritrovo per i congressisti è fissato per le dieci di domenica 23 novembre al teatro Dal Verme di Milano. Oltre ai congressisti sono presenti ‘tutte le autorità cittadine, associazioni politiche, artistiche, gagliardetti, folla di futuristi e amministratori’
Il segretario del comitato per le onoranze e organizzatore delle stesse, Mino Somenzi, dà lettura dei messaggi arrivati ed in particolar modo di quello ricevuto dal capo del governo Mussolini e del ministro per l’istruzione senatore Casati.
Anche in questo di futurismo c’è veramente poco, il messaggio dell’autorità che si rammarica di non poter essere presente nonostante il suo desiderio di esserci è un classico che ancora va per la maggiore come pure la considerazione che quanto avviene è solo l’inizio di qualcosa. Scrive Mussolini:’ . Considerami presente adunata futurista che sintetizza 20 anni di grandi battaglie artistiche, politiche spesso consacrate col sangue. Congresso deve essere punto di partenza, non punto di arrivo. Credi mia cordiale amicizia e ammirazione.’.
Qualche perplessità può nascere da quei 20 anni, se si pensa che vent’anni prima, nel 1904, ancora non esisteva. L’enfasi non è mai mancata ai politici, a Mussolini sicuramente no. Si sarà trattato del solito telegramma inviato dall’addetto a queste incombenze. Dubbio che resta anche per il telegramma del ministro Casati:’ Al valoroso combattente nell’arte e nella vita, al fervido animatore di nuove energie giunga il mio saluto caldo e augurale’.
Terminato il rituale saluto delle massima autorità, Somenzi dà lettura del manifesto del Comitato, firmato da Alfieri, Azari, Bertoletti, Borletti, Crosio, Dall’Ara, Giampaoli, Gorini, Lanfranconi, Longoni, Arnaldo Mussolini, Notari, Rossato, Somenzi, Torrani e che dovrebbe essere quel ‘Ente Italiano Artistico” della lettera di convocazione.
Somenzi prosegue comunicando ai presenti ‘ di poter dare lettura delle migliaia di adesioni’ pervenute’ cosa da cui, evidentemente ha ottenuto dispensa, e offre a Marinetti una bandiera italiana di 360 metri quadri che sarà successivamente fatta calare dalla cupola dell’ottagono in Galleria.
Il professor Arnò del Politecnico di Milano offre a Marinetti una targa d’oro con la dedica ‘.A Marinetti che alla luce del futurismo che irraggia su Roma eterna dal cuore gentile sa dire a Dio: Italia’.
Seguono poi le molte ‘ovazioni’ che accompagnano ‘uno dei suoi più alati discorsi’ che pronuncia l’onorevole Innocenzo Cappa, difensore di Marinetti nel famoso processo per ‘Mafarka il futurista’ e zio della moglie Benedetta Cappa.
Si forma quindi un corteo che raggiunge la Galleria dove Marinetti ‘è sollevato sulle spalle e portato in trionfo nell’ottagono’ e bacia la grande bandiera di cui è già detto.
Dalla Galleria il corteo raggiunge Palazzo Marino, municipio, dove le massime autorità cittadine danno il benvenuto a Marinetti e offrono il ‘Vermouth d’onore’.
Come in tutti i congressi si approfitta per mettere in vendita pubblicazioni che altrimenti avrebbero sarebbero rimaste nei magazzini e che il resoconto di “Futurismo” scrive che ‘vanno a ruba’.
Il congresso si apre nel pomeriggio con il discorso introduttivo di Marinetti al termine del quale riceve in dono da Depero il suo ritratto psicologico in una cornice realizzata da Azari.
Quindi cena al Cova, storico ristorante milanese, con 200 coperti.
Il dibattito congressuale inizia il giorno successivo con un applauso tributato alla giovanissima parolibera e pittrice Alzira Braga, futurista più giovane presente.
Ma chi sono i partecipanti a questo congresso?
Sempre dalla rivista “Futurismo” si ricava che i partecipanti sono i delegati dei ‘300 gruppi futuristi italiani’ e anche questo rientra un po’ nella prassi di tutti i congressi: sovrastimare la portata della manifestazione. Ciò appare abbastanza evidente per almeno tre elementi. In primo luogo la lettera di convocazione di cui si è già detto, si rivolge espressamente ad un ‘Egregio Amico’ , e non ad un gruppo o associazione e nel seguito invita il destinatario a diffondere l’invito tra gli amici con una modalità che richiama più l’idea di un passa parola tra amici che non quella di una comunicazione a degli iscritti. Per quanto riguarda il numero dei gruppi, trecento, la stima appare ottimistica. Corrisponderebbe, mediamente, a circa tre gruppi per ogni provincia d’Italia e, a parte il numero, bisogna osservare che la maggior parte dei “gruppi futuristi” si forma sul finire degli anni ’20, inizio anni ’30. Infine appare un po’ forzato qualificare gli intervenuti come “delegati” dei gruppi se si tiene conto che questi gruppi , dal punto di vista organizzativo erano privi di una gerarchia interna in grado di delegare. Le fotografie, poche, della manifestazione mostrano una buona partecipazione; dovuta, credo, più all’interesse dei singoli che al risultato di una organizzazione come “Futurismo” lascia capire.
Nel resoconto che “Futurismo” fa della manifestazione sono anche elencati i congressisti che si sono avvicendati sul podio e il titolo, il tema, dei loro interventi.
Senza scendere nei particolari però una qualche considerazione può essere fatta.
Circa un terzo degli interventi viene attribuito a personaggi che sulla base di quanto pubblicato sul “Dizionario del Futurismo” ( Edizioni Vallecchi – 2001) non risultano avere avuto una qualche rilevanza nel movimento. Questo a conferma di una distribuzione disorganizzata dei futuristi nelle singole realtà e a conferma di uno spirito anarcoide in perfetta linea con lo spirito del futurismo.
Coerente con lo spirito futurista è anche il fatto che più della metà dei congressisti non raggiungono i 30 anni e addirittura 4 non sono ancora ventenni.
Gli interventi sono naturalmente in stile rigorosamente caotico e provocatorio come i precetti del primo futurismo comandano. Si passa con molta disinvoltura dal ‘volo a vela’ di Drago all’alfabeto spirituale’ di Fillia, dal ‘massacro dell’imperatore’ di Governato al ‘programma finanziario per grandi imprese futuriste in America’, per citarne qualcuno a caso. Non mancano le proposte che vogliono scuotere la platea come la proposta dello ‘sverginamento legale’ di Cannonieri e il ricorso a termini e concetti sinceramente poco comprensibili come ‘fonismo, poedromo, inegualismo, inventismo, arco enarmonico e perpendicolare armonica, …’.
Sia pure “condita” con questi aspetti macchiettistici, tipici dei futuristi, la vera questione, e su questa gli interventi non sono stati pochi, è quella di comprendere se è possibile sopravvivere come movimento artistico indipendente in un contesto politico che si avviava sempre più verso la normalizzazione, contesto nel quale i futuristi sarebbero stati solo disturbo, fastidio.
Sulla base di scelte già fatte in precedenza quali l’uscita dal movimento fascista del 1920 e la rinuncia al progetto globale che includeva anche l’azione politica del 1922, il congresso sembra orientato ad evidenziare il carattere artistico del movimento distinto dall’ideologia del potere politico.
Il congresso non risulta si sia concluso con una votazione ma, come riportato dal resoconto di “Futurismo”, si chiude con le ‘dichiarazioni politiche acclamate dal congresso’ che mettono una pietra su tutto.
La dichiarazione finale recita:’I futuristi italiani, primi fra i primi interventisti nelle piazze e sui campi di battaglia, e primi fra i diciannovisti più che mai devoti alle idee e all’arte, lontani dal politicantismo, dicono al loro vecchio compagno Benito Mussolini:
Con un gesto di forza ormai indispensabile liberati dal parlamento. Restituisci al fascismo ed all’Italia la meravigliosa anima diciannovista, disinteressata, ardita, antisocialista, anticlericale, antimonarchica. Concedi alla monarchia soltanto la sua provvisoria funzione unitaria, rifiutale quella di soffocare o morfinizzare la più grande, la più geniale e la più giusta Italia di domani. Non imitare l’inimitabile Giolitti, imita il Grande Mussolini del diciannove. Pensa sempre all’Italia immortale ed al Carso divino. Schiaccia l’opposizione clericale anti-Italiana di Don Sturzo, L’opposizione socialista anti-Italiana di Turati e l’opposizione mediocrista di Albertini con una ferrea dinamica aristocrazia di pensiero armato che soppianti l’attuale demagogia d’armi senza pensiero. Tu puoi e devi fare ciò, noi dobbiamo volerlo e lo vogliamo’.
Il sipario si chiude con una dichiarazione di Marinetti che “futuristicamente” parlando mette un po’ di tristezza: ‘Nominerò a tempo opportuno la Direzione: Con essa realizzerò il minimo di organizzazione’.
Il primo futurismo, che amava definirsi eroico, finisce. Comincia il secondo futurismo.
C’era necessità di mettere in piedi questo congresso? No, no non c’era ma è stato utile per sapere dove passa il confine.
Luciano Tumiet